Con il cauto ottimismo che ormai abbiamo imparato ad avere, possiamo dire sottovoce che la pandemia è alle spalle.
Sappiamo bene che il lockdown ha cambiato profondamente tante abitudini, convenzioni e persino procedure di lavoro.
I flussi di candidature e offerte di lavoro non sono rimasti estranei a questi stravolgimenti.
L’impressione di molti non addetti ai lavori è stata di un consistente indebolimento dell’attenzione verso lo strumento dei tirocini in epoca pandemica,
Come dire: se c’è meno lavoro, ci sono meno tirocini.
In realtà il lavoro non è diminuito in termini assoluti, Di conseguenza, neanche i tirocini hanno subito una battuta d’arresto.
I dati di Anpal sui tirocini dopo il lockdown
L’Agenzia Nazionale per le Politiche del Lavoro ha rilevato, nel suo ultimo rapporto, che tra il 2019 e il 2021 sono stati attivati oltre 900 mila tirocini.
Il rapporto, che è il monitoraggio ufficiale nazionale sui tirocini extracurriculari, è un testo realizzato insieme all’Inapp, che restituisce una fotografia precisa di ciò che è successo in questi anni così complicati.
Cosa dice il rapporto
Il monitoraggio, pubblicato a fine 2022, è basato sull’analisi delle informazioni provenienti dal Sistema unitario delle Comunicazioni Obbligatorie sui rapporti di lavoro dipendente, parasubordinato e in somministrazione e sui tirocini extracurricolari.
Aggiornato a settembre 2022, il testo analizza le caratteristiche delle esperienze e gli esiti dei tirocini (solo quelli extracurriculari) realizzati tra il 2019 e il 2021, anni in cui l’intero Paese, incluso il mondo del lavoro, è stato rivoluzionato dalla pandemia.
L’impossibilità di continuare a svolgere il tirocinio a causa delle restrizioni imposte dal Covid-19 non si è fortunatamente tradotta per forza nell’interruzione delle attività: ai tirocinanti è stata data, nella maggior parte dei casi, l’opportunità di riavviare l’esperienza formativa al termine del periodo di lockdown oppure di svolgerlo in una modalità differente grazie ad interventi normativi ad hoc.
Nel triennio 2019-2021 sono stati attivati oltre 900 mila tirocini.
329 mila solo nel 2021. Si tratta di un valore assolutamente in linea con gli anni precedenti, segno che il calo del 36,5 % ha rappresentato solo il 2020 e che si può giudicare globalmente fisiologico.
La conversione dei tirocini dopo il lockdown
Per conversione si intende, in gergo, la trasformazione del rapporto di tirocinio in un rapporto lavorativo a tutti gli effetti, quindi un apprendistato oppure un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o determinato.
Analizzando il tasso di conversione a 6 mesi, si nota che le regioni del Nord e del Centro registrano inserimenti intorno al 50%.
Vuol dire che da Aosta a Roma, un tirocinio su due è diventato un rapporto di lavoro.
I tirocini realizzati nelle regioni del Sud e delle Isole, invece, contano un inserimento occupazionale meno consistente: rispettivamente il 41,6% e 39,3%..
A 6 mesi dalla conclusione, la quota dei tirocini ai quali segue l’avvio di un rapporto di lavoro arriva complessivamente al 48,9%, valore comunque in diminuzione rispetto a quanto rilevato al termine del quadriennio 2014-2019 quando era pari al 54%: questo dato unisce le assunzioni presso stesso datore e quelle presso datore differente.
Numeri importanti che consegnano una visione molto chiara.
Che cosa ci dicono i dati
Il tirocinio rimane una delle migliori porte di ingresso in azienda, quando organizzato rispettando le regole e garantendo un percorso formativo di crescita professionale.
I sei mesi di tirocinio sono perfetti per allineare competenze e aspettative e rendersi “indispensabili” agli occhi di chi consegna un’occasione di carriera.
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